RifLeggendo

L'autore racconta cosa c'è nel suo cuore e nella sua memoria, l'editore vende il racconto nel modo che gli sembra più adatto a quella storia o a quel pubblico, il lettore percepisce la storia secondo ciò che ha nel cuore e nella memoria. A volte lettore - editore - autore si incontrano per parlare del libro che non appartiene più a nessuno ma ha una vita sua. Mille riflessioni possono nascere dalla stessa lettura, uguali e contrastanti per questo le chiamo RifLetture che sono altro dalle recensioni. Chi recensisce giudica, io non sono all'altezza di giudicare ma sicuramente posso riflettere nelle letture: RifLeggendo condivido qui.

lunedì 19 settembre 2022

Bulli si diventa non si nasce

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Cari amici,

Scrivo di bullismo perché ne ho subito tanto. 
Non voglio qui scrivere le mie memorie di bullizzata, a pochi importa la mia storia. In questo posto voglio riflettere. 
Vittima di bullismo? Direi di no, so difendermi. 
Una domanda però ce l'ho: qual è la ragione di vita dell'esser bullo? Vorrei fosse un bullo a raccontarmelo ma, sappiamo bene, nessuno dirà mai di esserlo.

Nella mia fantasia la distruttività del bullo non è semplicemente una pulsione aggressiva e incontrollabile.
La violenza del bullo, a mio avviso, nasce da una fonte di energia che non è stata canalizzata, da un'agitazione che non è stata ascoltata, accolta e aiutata a trovare la giusta direzione. Un'energia che avrebbe potuto esser accolta e guidata verso un interesse positivo come la musica, il teatro, la lettura, lo studio, le passeggiate in montagna, il gioco del ping pong e invece no, è un'agitazione che non ha trovato una via migliore di quella della rabbia, dell'odio, del capriccio, della violenza. Più quest'agitazione è stata allontanata, giudicata, punita, maledetta e più il bullo sarà aggressivo verso gli altri.

Olweus a suo tempo, rappresentò il bullo come un bambino che incutendo paura riscuote popolarità e quindi accresce questa sua caratteristica per acquisire maggiore popolarità, fino a diventare aggressivo, ostile, oppositivo, con bassa tolleranza alla frustrazione e al rispetto delle regole. I bulli manifestano desiderio di dominare, impulsività, mancanza di empatia e incapacità di stabilire relazioni positive.
Troviamo il bullo leader, il bullo da bassa autostima e il bullo passivo.

Anche le vittime vengono descritte. Sembrano bambini, e poi persone adulte, caratterizzati da ansia, 
insicurezza e sensibilità ... ah, la sensibilità. Quante volte avrete sentito dire di un bambino che è troppo sensibile. Che follia! Là dove c'è un bambino troppo sensibile, di solito ce n'è uno particolarmente aggressivo. Le vittime costruiscono una percezione negativa di sé e spesso hanno una bassa autostima. La vittima può essere troppo sensibile, provocatrice, con lieve ritardo o troppo intelligente. Caratteristiche fondamentali per subire l'attacco di un bullo, prede facile che oltretutto rifiutano la violenza in qualsiasi forma. Alcuni la chiamano semplicemente "scuola di vita". 
Peccato ridurre gli insegnamenti della vita alla quantità di schiaffi che riesci a dare! 
Che pochezza di intelligenza.

Come sempre la colpa è di mamma.
Qualche volta mi sono sentita dire che la mia gioia e il mio amore per i miei figli è solo una forte protezione che gli impedisce di crescere, che tristi le persone che non sanno amare. 
Vittime sono quei bambini che dalla madre non vengono schiaffeggiati e puniti ma anzi abbracciati e spronati al dialogo. Mio figlio aveva tre mesi e stava in ospedale, il ticchettio dell'apparecchio al quale era legato per controllare i bronchi era la sua unica distrazione. Io lo allattavo, prendeva solo il mio latte e fu proprio una pediatra a dirmi che lo allattavo troppo, che sbagliavo, che lo avrei rovinato. Ancora mi chiedo questa pediatra dove abbia studiato. Vi immaginate un quotidiano che riporta un fatto di cronaca dal titolo: Figlio incapace a causa del latte materno?

Bulli e vittime dunque sembrano entrambi marciare sulla stessa piattaforma di disadattamento sociale. Il bullo è completamente incapace di accorgersi della sofferenza della vittima, si accorge solo della sua popolarità accresciuta. La vittima passa il suo tempo a mostrare la sua insofferenza verso la violenza la sua incapacità a difendersi.
La vittima è il bambino troppo amato, il bullo è il figlio cresciuto in uno stile educativo tendente all'indifferenza e al poco coinvolgimento emotivo.

Dal bullismo in età precoce a scuola si passa facilmente al nonnismo nelle caserme e al mobing sui posti di lavoro. Il tutto ovviamente circondato da quelli che io chiamo i guardoni. I guardoni per me sono quelli che disprezzano a parole i bulli ma quando vedono una vittima tendono a farsi i fatti loro e a girarsi dall'altra parte e anzi, se possono, poi ci mettono anche un pizzico di giudizio negativo verso la vittima. 

In questi ultimi anni il bullismo sembra esser diventato un gioco alternativo al nascondino, un gioco in cui non si deve pensare ma solo sfogare una certa agitazione interna, poi ci si rilassa. Potrei andare avanti per pagine intere a parlare di cosa è il bullismo e di tutte le teorie che ne sono emerse. Per fortuna il bullismo è stato studiato da tante persone, ma al di là delle teorie sappiamo tutti che è ancora un fenomeno molto forte.

La cosa su cui vorrei riflettere è il fatto che tanto si parla di chi è il bullo e chi è la vittima ma poco sento parlare di interventi veri e proprio contro il bullismo. Al di là dello stile educativo il bullismo può e deve comunque essere fermato da adulti responsabili, da un'istituzione presente e vigile, da un'educazione al rispetto e all'interesse per la vita in ogni sua forma. Certo, è difficile che un adulto cresciuto a suon di schiaffi e punizioni percepisca tali gesti come violenza, però è giunta l'ora della lotta al bullismo. La lotta al bullismo non deve esser confusa con la pietà verso tutti e quindi accogliamo tutti gli immigrati senza leggi e regolarità, accogliamo tutti i condannati senza che possano espiare le loro colpe ecc.

Quello che mi aspetterei è un dialogo aperto tra adulti e ragazzi. Un dialogo in cui si parla di violenza, si ascoltano i ragazzi per comprendere il loro punto di vista e per aiutarli a comprendere quanto è importante la non-violenza. Mi aspetterei un'istruzione centrata sulla crescita del cittadino responsabile e non sul cittadino sapientino. Mi aspetterei una società incentrata sull'accoglienza dei ragazzi, sulla capacità di insegnare le regole senza bisogno di punire. Brutti voti, compiti di punizione, punizioni di massa, vacanze piene di compiti per non riposare mai, come se un argomento spiegato bene venisse dimenticato nei tre mesi estivi in cui non si fanno compiti. 
Ultimamente mi è capitato di sentire di una professoressa che ha stabilito delle regole: andare a scuola prepara i ragazzi anche al mondo del lavoro e quindi è giusto che arrivino sempre con il lavoro svolto. Per imparare questa responsabilità sappiate che la 4^ volta che venite a scuola senza compiti o materiale, avrete un brutto voto sul registro che farà media. 
Ecco questa per me è una regola chiara, che insegna l'autogestione emotiva, la responsabilità e ispira la voglia di stare in modo corretto nel sistema. Ma a volte ancora sento professori mettere note cumulative, chiedere ai genitori di dire ai figli di non ridere (dopo la chiusura covid??). 
Le regole devono essere chiare, ogni azione di violenza verrà punita. Ogni azione di oltraggio verrà punita. Si spiega bene quali sono queste azioni e quali sono le punizioni sin dai primi giorni di scuola e poi a ciascuno la sua responsabilità. Sembra però che queste siano dinamiche da psicologo e non da professore.

Sarei ben felice di poter organizzare gruppi di counselling anti-bullismo per le scuole in difficoltà, per gli alunni e per i gruppi di genitori. A vostra disposizione.


mercoledì 13 gennaio 2016

Dall'altra parte della frontiera di Bernardo Atxaga

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Passeggiando per librerie in questa nuova e affascinante città in cui vivo mi sono imbattuta in un libro per errore, l'ho fatto cadere a terra e raccogliendolo mi sono incuriosita. Un autore a me sconosciuto eppure subito ho deciso di leggerlo. Bernardo Atxaga, giro e rigiro il libro e mi chiedo chi è?
Un autore, poeta, saggista e autore teatrale basco. Figuriamoci, mi sono incuriosita subito, adoro la Spagna ma non conosco autori baschi, un popolo dal temperamento molto forte e dalle tradizioni potenti.
Lo compro.


Cominciando a leggere scopro che si tratta del principale esponente della nuova generazione di poeti baschi e viene definito il linguaggio poetico più originale del momento.  Dunque, ho pensato, meno male averlo fatto cadere.
Scopro più avanti che Luis Sepulveda (del quale ho raccontato a proposito della lumaca Ribelle) un altro dei miei autori preferiti ha usato i versi di una sua poesia all'interno di Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare:

Ascolta gatto.
Ti leggerò una cosa di un poeta che si chiama Bernardo Atxaga. 
Dei versi di una poesia intitolata I gabbiani:
Ma il loro piccolo cuore
- lo stesso degli equilibristi -
per nulla sospira tanto
come per quella pioggia sciocca
che quasi sempre porta il vento,
che quasi sempre porta il sole.
E dal momento che l'editore (Guanda) e il suo curatore Giuliano Soria, ci regalano i versi di B. Atxaga in italiano e anche in castigliano, ed essendo io amante dell'incontro delle lingue e delle culture, vi riporto la frase poetica de i Gabbiani anche in spagnolo.
Pero su pequeño corazón- que es el de los equilibristas - por nada suspira tantocomo por esa lluvia tontaque casi siempre trae viento,que casi siempre trae sol.
Chiaramente, vivendo ora a Trieste ogni giorno guardo il mare e i gabbiani e poi, di tanto in tanto, arriva la signora Bora che spazza via tutto il male e porta lo sguardo fino alle alpi e al prossimo orizzonte, poi torna il sole più forte che mai, più giallo che mai, più ... sembra proprio la descrizione della mia città, eppure non lo è.


L'autore è basco-spagnolo e non spagnolo e dunque scrive i suoi testi in euskera (la lingua dei baschi-spagnoli) e da solo traduce i testi in castigliano e sono arrivati a me tradotti in italiano da ... non lo so, non ho trovato il nome del traduttore sul libro e questa per me è una nota dolente. Io, traduttore, ho diritto e desiderio di essere nominato sul libro tradotto. Peccato.

Estremamente commovente, a mio avviso adatta anche ai bambini, la poesia Il Riccio della quale l'editore ci regala anche la versione in euskera che più avanti vi riporto. Una storia di poche parole, forse ventisette che racchiude in sé il senso intero della vita.
Una poesia semplice e molto, molto dolce che racconta in profondità il vero senso della vita, consiglio davvero a tutti di leggerla almeno una volta, magari rileggerla ogni tanto, per non dimenticare.
Cito un breve passaggio:
(Spagnolo)
El erizo despierta al fin en su nido de hojas secas,
y acuden a su memoria todas las palabras de su lengua,
que, contando los verbos, son poco más o menos veintisiete.
Luego piensa: el invierno ha terminado,soy un erizo, Dos águilas vuelan sobre mí:Rana, Caracol. Araña, Gusano, Insecto,¿En qué parte de la montaña os escondéis?

(Italiano)Il riccio finalmente si risveglia nel suo nido di foglie secche, e gli riaffiorano alla memoria tutte le parole della sua lingua,che, contando i verbi, sono più o meno ventisette.
E poi pensa: L'inverno è finito,
Sono un riccio, Due aquile volano sopra di me;
Rana, Lumaca, Ragno, Verme, Insetto.
In che punto della montagna vi nascondete?

(Euskera - titolo: Trikuarena) Esnatu da trikua habi hosto lehorrez egindakoan,eta dakizkien hitz guztiak ekartzen ditu gogora;gutxi gora behera, aditzak barne, hogeitazazpi hitz.
Eta gero pentsatzen du: Amaitu da negua,Ni trikua naiz, Bi sapelaits gora dabiltza hegaletan;Marraskilo, Zizare, Zomorro, Armiarma, Igel,Zein putzu edo zulotan izkutatzen zarete?
Il finale di questa poesia è un tuffo nel senso della vita, è quel momento di lettura in cui ogni visuale cambia angolazione.
Alla prossima.

mercoledì 23 dicembre 2015

Buon Natale con Notturno indiano di Antonio Tabucchi

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Per questo Natale 2015 ho deciso di regalarmi un tuffo nel passato, in un passato in cui ero felice, spensierata. Quando ho letto questo libro vivevo in Finlandia e stavo conoscendo un mondo nuovo, un mondo bello con amicizie che mi sono rimaste nel cuore tutta la vita, due persone speciali, una delle quali è addirittura la madrina di uno dei miei figli. Sono passati più di venti anni e mi sento di dire ancora oggi, la Finlandia di allora rispetto all'Italia di oggi,  una Finlandia che allora assaporava le moderne note della libertà, ancora oggi, allora, un paese aperto, persone umane, comprensive, con voglia di condividere e divertirsi, niente arroganza, un paese dove il diverso non faceva poi tutta questa paura ... almeno rispetto alle sensazioni nell'Italia di oggi.

Dunque un'italiana in Finlandia che legge l'India, un viaggio davvero fantastico. Rileggerlo dopo venti anni e più non solo mi ha riportato indietro nel tempo ma ha anche aggiunto dei valori per i quali forse allora non ero pronta. Un autore capace di stare a contatto con il suo pubblico, da vita al suo pensiero attraverso la parola in modo semplice, coinvolgente e chiaro. Descrive un mondo realistico usando una fantasia magica e stuzzicando la fantasia e l'immaginazione del lettore. Lo so sembra che io non stia dicendo niente di nuovo perché questo è il mestiere dello scrittore ma ... non tutti gli scrittori sanno fare tanto, alcuni addirittura usano piroette di tecnicismi per pavoneggiare una scrittura perfetta ... e affatto coinvolgente.
Il corridoio era molto lungo, dipinto di un celeste malinconico. Il pavimento era nero di scarafaggi che scoppiavano sotto i nostri piedi anche se facevamo il possibile per non calpestarli. "Li sterminiamo" disse il medico "ma dopo un mese rinascono, le mura sono impregnate di larve, bisognerebbe buttare giù l'ospedale".
L'ospedale di Bombay. Una descrizione agghiacciante a dir poco eppure, provate a chiedere a Gino Strada se è fantasia o realtà. Che poi sia Bombay o altro luogo poco importa. Sapete perché credo che l'editoria stia morendo? (ma no, dobbiamo essere positivi e insieme la sosteniamo) Perché nella letteratura è già stato detto tutto, la letteratura descrive la storia umana meglio dei libri di storia. Descrive l'evoluzione geografica meglio delle mappe. Racconta di ... eppure meglio non sentire, non sapere, non vedere ... non è economicamente conveniente.
La camera era importante, la mia valigetta mi aveva preceduto per vie misteriose e stava su uno sgabello di corda, la vasca era già piena d'acqua e di spuma, io mi immersi e poi mi avvolsi in un asciugamano di lino, le finestre si aprivano sul mare d'Oman, era ormai quasi giorno chiaro, con una luce rosata che tingeva la spiaggia, la vita dell'India, sotto il Taj Mahal, riprendeva a brulicare.
Dico subito che io non avrei saputo scrivere un pensiero tanto lungo con tante virgole ma lui è Antonio Tabucchi e c'è chi può e chi non può. Questo paragrafo, o meglio questa strofa, è una poesia dipinta su tela. La sua percezione del circondario immediato, di se stesso e del mondo intero. Una camera importante con una vasca piena di acqua e spuma in un paese povero che non vive, brulica. Dove gli sgabelli sono di corda. Un viaggio in un paese misterioso dove anche il trasferimento di una valigia sa di magico. Dove ciò che appare e ciò che è si perdono nei confini tra realtà e fantasia e la mente si perde e si ritrova continuamente. Ma le sfumature non riguardano solo la realtà e la fantasia:
la vita dell'India, sotto il Taj Mahal, riprendeva a brulicare
Il Taj Mahal, un lussuosissimo albergo che vede sotto di sé il brulicare della povera massa ... o della massa povera?
Questo libro ha su di me un incredibile effetto pittorico, dalle parole dell'autore nella mia mente non nascono pensieri ma quadri, immagini, suoni, profumi, rumori, sensazioni ed è bellissimo, anche quando è brutto. Dipinti senza nemmeno la cornice, nudi e crudi, reali pur se nella fantasia.
Il "Quartiere delle Gabbie" era molto peggio di come me lo ero immaginato. Lo conoscevo attraverso certe fotografie di un fotografo celebre e pensavo di essere preparato alla miseria umana, ma le fotografie chiudono il visibile in un rettangolo. Il visibile senza cornice è sempre un'altra cosa. E poi quel visibile aveva un odore troppo forte. Anzi, molti odori.
Notturno Indiano, un titolo che può richiamare l'anonimato ma nella realtà il romanzo parla di un uomo che quasi mai può dormire, un uomo che fa un importante viaggio in India e cerca qualcosa, questa sua ricerca avviene spesso di notte cercando di rimanere anonima ma forse ciò che cerca è se stesso, l'altro sé, quello notturno, quello che viene fuori con i sogni, quello che quasi mai conosciamo. Ecco perché Notturno.
Notturno è anche ciò che non comprendiamo, che è oscuro, che ci sfugge come l'India, una terra tanto vicina quanto lontana da noi. in questa terra misteriosa il protagonista cerca  il perché di un mistero che appartiene al suo passato semi offuscato.
Anche il passato a volte può sembrare poco chiaro (notturno), misterioso e tormentoso, qualche volta non sembra nemmeno essere stato vero, qualche volta è proprio il passato a legarci al presente.
Io pensai: luna rossa, e mi venne istintivamente di fischiare una vecchia canzone. L'idea arrivò come un corto circuito. Pensai a un nome, Roux, e subito a quelle parole di Xavier: sono diventato un uccello notturno; e allora tutto mi parve così evidente e persino stupido, e poi pensai: perché non ci ho pensato prima?
Il protagonista osservando la luna ricorda il passato, e comprende il presente e qui mi fermo perché a me capita spesso di guardare il mio passato, da lontano, e capire cose che prima non potevo. Un libro a distanza di venti anni è come un ricordo maturo. Così vi lascio, con l'augurio che le gioie del passato, ma anche le mancate gioie, vi facciano venir voglia di abbandonare l'aggressività, l'invidia, la competitività a oltranza e aprano le porte della condivisione, umana prima che economica.
Buon Natale e Sereno 2016

RifLeggendo



giovedì 26 novembre 2015

Stanotte l'ho vista di Drago JanČar

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I primi di luglio di questo stesso anno ci siamo trasferiti definitivamente in questa città sospesa. Tra le mille peripezie che un trasloco, un trasferimento professionale, due figli piccoli, una crisi economica mondiale in corso, la guerra/non-guerra ai gender, la paura di attacchi, l'incontro con l'ignoto di una vita nuova e sconosciuta abbiamo cominciato a conoscere Trieste.

Il primo forte impatto l'abbiamo avuto su Strada del Friuli in notturna, da Contovello scendendo verso la città. La vista delle luci triestine sul golfo illuminato da una enorme luna che sfida il Faro della Vittoria ci ha fatto innamorare.
Impazienti abbiamo atteso la Barcolana e la bora, nel frattempo abbiamo passeggiato, esplorato, assaggiato, conosciuto.
Una sera ho telefonato a mia madre e le ho detto
Sembra una città ferma nel tempo, mi sembra di vivere come quando ero piccola. Ti ricordi?
Erano gli anni '70 allora, ero piccola e la vita era semplice e bambina. Come Trieste, forse!
In questo anno per me pieno di cambiamenti e eventi improvvisi, il Natale sta tornando e io, come ogni anno, rispolvero Dickens.
Ne Il Canto di Natale tre fantasmi sono co-protagonisti della crescita emotiva e spirituale di un uomo.
Questi fantasmi che ogni tanto tornano, sono il simbolo di riscatto di un debito, di una verità, a volte di un'ingiustizia, a volte di un amore.
Anche in Shakespeare troviamo il fantasma di King Lear che si ripresenta, che torna a chiedere vendetta.
Ma Shakespeare fa molto di più, ci racconta la crescita dell'uomo attraverso i suoi personaggi anzi, proprio lui forse è lo scrittore anglosassone che per primo si sgancia dalle descrizioni piatte dei personaggi dando loro una terza dimensione, quella della crescita all'interno del romanzo stesso. Personaggi che attraverso le azioni e l'espressione dei sentimenti umani crescono e cambiano all'interno dello stesso romanzo.
L'Amleto che incontriamo nel I atto non è sicuramente lo stesso che incontriamo nell'ultimo atto.

Dopo aver visto la Barcolana e aver assaporato la Bora, Paola mi invita alla presentazione del libro di uno scrittore sloveno, perché Trieste è anche questo, l'incontro di culture tanto vicine quanto lontane:

Drago JanČar
Stanotte l'ho vista
Comunicarte edizioni
In Drago JanČar ritrovo fantasmi ed esseri umani che crescono man mano che si legge il romanzo, relazioni umane più o meno amorose, raccontano la storia di una guerra.
Della guerra.
Di tutte le guerre.
Dell'essere umano in guerra.
Quasi quasi a voler gettare le basi di nuovi archetipi, più strutturati ed evoluti di quelli rappresentati dagli antichi drammi greci. Parlando con alcune persone di Trieste scopro che la letteratura slovena è intrisa della storia della guerra.
Questa presenza importante della guerra nella letteratura slovena mi fa venire in mente che a Roma la percezione della guerra è un ricordo lontano, mentre qui è una ferita ancora viva.
Qualcuno risponde, ovviamente.
Qualcuno risponde che a Roma per ricordare la guerra si fanno tante manifestazioni e che mi sbaglio.
A me personalmente l'incontro con Trieste mi ha fatto sentire la guerra molto più spaventosa.

Immagino che l'essere al confine, l'estendersi su un porto importante, il contenere diverse etnie e l'aver avuto la guerra proprio in casa abbia influito in questa diversa memoria della guerra.
Si parla di guerra, si scrive di guerra, esiste addirittura un museo di guerra per la pace.

Un libro ambientato in una guerra, dicevo, ma dove regnano le emozioni più che le azioni spaventose eppure, spesso, l'emozione viene introdotta da un'azione che ti porta in quello stato d'animo ancor prima di essere nominato. Mi permetto di dire che quasi siano le azioni vuoi anche di guerra a dar corpo alle emozioni:
Quando si vede morire un amico con la bava alla bocca come un cavallo dopo una lunga marcia, non si pensa più né a cantare né a salutare la bandiera.
Quante emozioni, stati d'animo, pensieri, corsi e ricorsi storici vi fa venire in mente questa frase? L'amore, la rabbia, il dolore, la paura, l'umiliazione, l'inutilità, la disperazione ... vanno bene tutte quelle che vi vengono in mente perché evocate dalla storia, dalla vostra percezione del mondo, dal vostro stato d'animo.
Perché questo fa un buon libro, evoca in te qualcosa: ricordi, emozioni, pensieri, curiosità, desideri.
Lui continua così:
Salutare la bandiera in un campo di prigionieri di guerra, battuti, vinti. Almeno Čedo, lui, non 'ha dovuta vivere quest'umiliazione.
Dunque in questo paragrafo l'autore parla di umiliazione.

Tanto mi hanno colpito le poche parole con cui uno dei co-protagonisti descrive la guerra:
Degli ufficiali inglesi passeggiano nel campo, sembra che una commissione dovrà stabilire chi ha collaborato con i tedeschi e chi ha le mani sporche di sangue. Marciava, marciava, che idiozia, chi non ha le mani sporche di sangue dopo quattro anni di guerra?
L'idea che mi sono fatta dell'autore è quella di un uomo che la guerra, come anche l'amore passionale e controllato, l'ha conosciuta.
Che la cultura la ama ed è riuscito a trasmettere nei suoi libri (o almeno in questo che per ora è l'unico che ho letto) storie di esseri umani e non rancore per il dolore sofferto.
Quasi sempre incontro binomi opposti tra le emozioni che prendono corpo nel libro, mi permetto riportare una citazione importante nella speranza che l'autore non se ne abbia del mio osare:
E me ne andai. Ci rivedemmo una volta soltanto. All'inizio della guerra. Poco prima dell'attacco di aprile alla Jugoslavia. Dopo sentii dire che aveva consegnato la sua unità a un reggimento blindato tedesco a Dravograd. Fu portato in prigionia, dove, sbarazzatosi del suo onore militare, probabilmente ha vissuto la guerra in tranquillità. Io ho difeso il suo onore militare e il mio nella Bosnia insanguinata e nella Lika e fino all'ultimo giorno della guerra nelle montagne slovene. Già allora avrei dovuto sapere che era un codardo, se non lo fosse stato, non avrebbe ascoltato quel signore di Lubiana [...]
Qui forse un po' di risentimento si intravede, ma per capirlo dovete andare a cercare la sua storia personale e poi leggere questo libro nel quale comunque si entra in una forte sfera emotiva di relazione amorosa in perenne contrasto con il proprio stesso amore.
[...] le diedi uno schiaffo. Non le domandai perché stesse piangendo, la colpii perché avevo davanti agli occhi quella scena con la folla di tzigani che la tiravano da tutte le parti, perché capisse una volta per tutte che non poteva fare sempre quel che le saltava in mente.
[...]
Mi guardò a lungo. Si asciugò le lacrime. Avrei dovuto saperlo che sei un uomo violento, disse dopo qualche istante del tutto calma.
Veronika, la protagonista è una donna forte e debole sempre in contrasto, con se stessa o con il mondo. Una donna che, in tempo di guerra, non tollera sentirsi dire cosa e come deve vivere, sembra quasi non disposta ad accorgersi della realtà o a scoprirla per sbaglio e volerne scappare e così fugge da Lubiana e dal marito ricco, fugge in un campo di guerra ai confini del mondo con l'amante militare ligio e fedele, Veronika dice di se stessa:
Ma come? Ti sorvegliano. Mi guardò e si mise a ridere finché la tosse non soffocò nuovamente la sua risata. Me? Ti immagini che qualcuno possa sorvegliarmi?
In effetti Veronika anni addietro si portava un alligatore al guinzaglio a spasso per la città e non si sentiva ancora pronta per la sottomissione. Aveva scelto di seguirlo, sceglieva sempre lei cosa fare ma spesso le sue scelte erano un impeto pazzesco.
Una storia di guerra, una guerra di sentimenti in una guerra di armi. Una donna ribelle e capricciosa (forse l'anima della guerra?), intorno a lei un marito, un amante, un giovane, una mamma, una domestica. Ciascuno racconta Veronika a modo suo e in ciascuno di questi racconti riviviamo la guerra attraverso le vite umane e i loro sentimenti.

Ma non finisce qui. Un libro che ti porta dentro una cultura così vicina all'Italia eppure così silenziosa in Italia. Immagini a me sconosciute hanno acceso la voglia di conoscere e di scoprire.
Il giorno in cui finii di scontare la pena, la ritrovai in lacrime. Pensai che fosse stata colpita dal "dert", quel sentimento triste, della commedia musicale Kostana, lo struggimento per la vita della donna rinchiusa. Ma non era il dert. Era stata nella Mahala, disse.
Il Dert ... lo struggimento per la vita della donna rinchiusa, sentimento triste della commedia musicale del Kostana ... vi lascio con questa immagine intraducibile se non dopo aver toccato il Dert con mano.
Buona lettura

giovedì 1 ottobre 2015

Il Puzzle di Dio di Laura Costantini e Loredana Falcone

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"Il Puzzle di Dio", pezzi, tessere, un mosaico ... la mia mente vaga già alle prime pagine. Corre indietro nel mio passato, un passato che albergava a Londra, quando studiando counseling, teatro, economia e fisica quantica con una professoressa che credeva nella vita e nelle pulsioni del mondo, ho sentito parlare dell'impronta di Dio. Un unico segno per ogni cosa, tutto per quanto diverso possa sembrare, nasce da un unico segno, da tutti riconosciuto, da tutti cercato, da tutti desiderato ma nessuno sa cosa sia. Il primo approccio a questa lettura mi ha portato a Londra, nella Londra che ho abitato io tra il 2000 e il 2004, per questo non riuscivo a concentrarmi sul mio obiettivo: intervistare le autrici.
Ho dovuto leggere il libro due volte prima di potermi staccare dalla storia e fare un'analisi del testo.




Ogni particolare tecnico di un argomento così complesso quanto sconosciuto è stato curato in ogni dettaglio, tanta fantasia ma nulla lasciato ad una scrittura intuitiva.
Ho provato a contattare Laura e Loredana per chiedere loro come si organizzano per curare con tanta precisione il dettaglio di un libro che a leggerlo sembra nato liberamente, spontaneamente, senza ripensamenti.


Non lo avrei mai detto ma hanno risposto alle mie domande e desidero condividere con voi le loro stesse parole:
Non è stata una ricerca preliminare e voluta. Nel caso de "Il Puzzle di Dio", il dettaglio delle misteriose ed enormi tessere ci è venuto incontro dalle pagine di un quotidiano nazionale, ormai qualche anno fa. Perché le tessere esistono e, in un certo numero, sono custodite in un museo di Ufa, una città russa.
In realtà crediamo ci sia una parte della mente di chi scrive che è sempre in allerta per cogliere lo spunto giusto dal quale partire per creare una storia. 
Insisto sul dettaglio perché la loro precisione mi ha colpito molto. Quanto tempo dedicate allo studio del dettaglio?
Dipende dal tipo di storia. Nel caso del Puzzle, il lavoro di studio e documentazione è stato lungo e laborioso per ogni singolo particolare. E crediamo si percepisca, anche se abbiamo cercato di non fare un errore da principianti quale può essere voler far sfoggio dello studio intrapreso. L'importante è possedere il bagaglio giusto per rendere reali situazioni e atmosfere.  La nostra è narrativa da intrattenimento e come tale ci piace venga affrontata dal lettore. Spetterà a lui cogliere eventuali spunti di riflessione. 
Come dicevo prima, se il dettaglio tecnico nella storia non è lasciato al caso, nemmeno la lingua usata è lasciata all'intuito o all'ispirazione. Ogni parola sembra essere stata pesata, osservata, filtrata e scelta con cura, quasi pagata a caro prezzo.
Siete particolarmente brave con la lingua italiana (e quasi quasi mi sento in difficoltà nello scrivere proprio a voi) da impostare una scrittura a getto e dar vita a un romanzo così ricco, composto e corretto, oppure fate un pignolo lavoro di revisione?
La revisione è continua e costante. Favorita dal nostro essere in due. A ogni sessione di scrittura, rileggiamo le ultime pagine scritte. A voce alta. È un passaggio importantissimo, perché ascoltare le parole aiuta a capire se il ritmo funziona, se il suono è armonioso, se ci sono ripetizioni. Impossibile ottenere il meglio alla prima stesura. Inoltre, separatamente, rileggiamo tutto quanto abbiamo prodotto e poi ci confrontiamo sui punti che non ci hanno convinte. 
Un plot tanto fantastico, quanto realistico, quanto possibilistico (parola lasciata al desiderio più che alla grammatica). Fantasia o studi socio-politici?
Attenzione alla realtà. Passione per l'analisi di quanto accade nel mondo e, certo, fantasia. Quella è la base. Ma i nostri trascorsi di studio di storia moderna e contemporanea hanno lasciato il segno. Così, sebbene il roanzo abbia avuto una gestazione molto lunga, è successo che sia uscito in un momento storico in cui il fondamentalismo islamico è al centro delle vicende socio-politiche del mondo intero. E ci siamo ritrovate in mano una vicenda che toccava il tema, anche, delle cellule terroristiche dormienti. Sono cose ce succedono a chi scrive, perché quelle antenne di cui parlavamo alla prima domanda sono sempre in ascolto e captano il mondo.
Il successo che riscuotete con i vostri libri è quello che pensate di meritare o vi aspettate ogni volta di più?
Non è un questione di successo, di classifiche, di vendite. Vorremmo riuscire a raggiungere molti più lettori di quelli che ci hanno seguite fino a oggi. Ma lo vorremmo perché la nostra passione si nutre di emozioni che riusciamo a suscitare in coloro che ci leggono.  Quindi sí, vorremmo una maggiore/migliore diffusione dei nostri romanzi. E non è a caso che siamo affidate ad una casa editrice digitale. Gli e-book non sono costretti a soggiacere al regime di monopolio della distribuzione nelle mani dei soliti noti. Non svaniscono dagli scaffali dieci giorni dopo essere stati pubblicati. Non si devono ordinare scontrandosi con la pigrizia di commessi che non vogliono neanche fare la fatica di digitare su una tastiera. Il nostro Puzzle ha avuto un'ottima accoglienza e ottimi riscontri. È vero che i lettori disposti a passare all'e-reader non sono ancora moltissimi in Italia. Ma è un fatto che, nella flessione generale delle vendite in libreria, l'unica percentuale positiva è proprio quella che riguarda gli e-book.
Amnis Petronia ... segreti di Roma, nozioni archeologiche o passione?
Siamo nate a Roma, le abbiamo dedicato più di un romanzo e non finiamo mai di scoprire aspetti, storie e segreti. Anche le notizie sull'Amnis Petronia e sulle acque sotterranee ci sono venute incontro grazie a una serie di articoli pubblicati dalla stampa nazionale. Abbiamo approfondito e condito il tutto con la fantasia. Una fantasia che, proprio grazie a una base realistica, diventa verosimile per il lettore e lo trascina nella storia insieme ai nostri protagonisti.
Cosa vi spinge a dire "siamo pronte per un nuovo libro?"
Rischiamo di risultare antipatiche, ne siamo consapevoli. Ma diremmo una bugia se parlassimo di tormento interiore, di fatica, di blocco dello scrittore o di crisi davanti a uno schermo bianco. Noi siamo sempre pronte per un nuovo libro. Abbiamo moltissime storie da raccontare e ogni volta che ci imbattiamo in un nuovo spunto, ci guardiamo e sappiamo di star pensando la stessa cosa: ne verrebbe fuori una bella storia. Raccontare ci appassiona moltissimo. È uno scopo. Per questo, mentre ancora "Il Puzzle di Dio" ottiene attenzione e recensioni positive, stiamo per dare alle stampe (digitali) un nuovo romanzo. Completamente diverso dal Puzzle. Dal Thriller con elementi mistery siamo passate al romance storico e la stessa casa editrice digitale (la goWare), ancora una volta, ha creduto in noi.
"Ricardo y Carolina" è ambientato nel Messico di Benito Juarez, dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo e della sfortunata imperatrice Carlotta. E siamo certi che i lettori apprezzeranno l'approccio femminile, e femminista, a un periodo storico per il quale si parla sempre e solo di uomini.
Questa volta niente riflessioni personali, non vi lascio nessun lingotto emotivo da scartare, vi regalo le parole delle autrici e la voglia di leggere questo libro così appassionante, quasi più di un amante e spero leggere presto Ricardo y Carolina che per qualche motivo, ora, mi sta a cuore.

venerdì 14 agosto 2015

Pensiero: il tramonto della libertà culturale tra libri ed estetica

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Ieri ho incontrato una donna la quale mi ha guardato mentre ero in libreria sfogliando un libro e mi ha detto: "Le donne non conquistano gli uomini leggendo libri. Vatti a fare bella se vuoi avere la tua fetta". Poi se ne è andata.

Il primo pensiero è stato "Oh Dio come sono brutta!" Poi mi sono accorta che avrei dovuto pensare "Ma quella chi è? Cosa vuole da me? Come si permette?" però ripensandoci questo è il messaggio che circola da alcuni, troppi, anni a questa parte. Donne belle, magre, ben vestite, super depilate, smaltate, truccate. Molti uomini amano le loro donne spendendo un patrimonio in parrucchieri, estetisti, negozi ... occupando il tempo di queste donne che sono assolutamente riconoscenti ai loro uomini per permettere loro di vivere questa condizione di noblesse. Devo dire che la signora ha ragione, io non pratico troppo i parrucchieri ma trovo che le donne facciano bene a curarsi, prendersi cura di se stessi è il primo atto di civiltà. Quello che non ho capito è perché questa associazione di dissociazione tra donna che passa un sacco di tempo a imbellettarsi e lettura di un buon libro, anche le donne imbellettate leggono! Ne conosco tante io che riescono a fare entrambe le cose (non io ahimè).



Allora ci ho pensato tanto. Lo so con tutto quello che gira intorno alla mia vita in questo periodo avrei dovuto semplicemente pensare "che idiota", ma la signora girava in libreria come me e sfogliava libri, forse era una sua rabbia personale, forse, un suggerimento di un libro, forse mi ha preso in giro, forse ho proprio un cattivo aspetto, forse ... mi ha incuriosito e mi chiedo ma è vero che gli uomini preferiscono le donne con unghie laccate, capelli sempre da parrucchiere, vestiti sempre tirati e stirati e soprattutto che leggano poco? Davvero gli uomini placano il desiderio di libertà delle donne soddisfacendo il loro desiderio di supremazia estetica?
"Le donne on conquistano gli uomini leggendo libri" con tono profetico come se conquistare un uomo equivalesse a conquistare il mondo. La sua frase mi ha incuriosito perché ha messo un tarlo nella mia mente: davvero l'uomo vuole comprare il pensiero della donna cambiandolo con l'estetica?
A ridosso di ferragosto ho avuto questo pensiero e l'ho condiviso con voi ... ora torno a leggere L'Impronta di Dio del quale vi parlerò presto. Buon caldo a tutti.
Silvia


lunedì 10 agosto 2015

Pensieri distorti ... tra le poesie e i racconti ... di Sabatino Simonicca

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In questo caldo pazzesco, che se fosse freddo lo definirei la terza era glaciale, e con l'elettroencefalogramma piatto dall'affanno mi permetto di proporre una lettura nuova, un autore nuovo, uno scrittore diverso.
Un giorno qualsiasi nella fretta romana sono entrata in un negozietto aperto da poco, vende prodotti abruzzesi e solo di qualità: "proviamolo" ho detto a mio marito "in fondo a noi l'Abruzzo piace e siamo soliti frequentare Scanno". I prodotti sono buoni e lui è un artigiano della vendita. Non è un negozietto, è un Negozio il cui proprietario preferisce un po' di fila ma ama conoscere ogni singolo cliente, capire i suoi gusti e la sua storia per vendere prodotti di qualità in base alle esigenze degli abitanti del quartiere e non alle esigenze di marketing globale. Pensate un po', un negoziante che si preoccupa di voi e se ne frega del marketing globale ... un suicida di questi tempi, eppure ... !

Ma Sabatino, scopro con il tempo, è anche altro. Ama conoscere la gente, la storia della gente, i desideri della gente e dai loro racconti sogna poesie. Sogni e Poesie che ha trasformato in realtà, eccolo qua:


Quando ho visto il suo libro sono andata a fare la spesa e gli ho fatto delle domande. Domande a tradimento, mentre facevo la spesa ma voglio svelarvi tutto sperando che non se ne abbia a male, perché le sue poesie mi piacciono, sono nuove, sono diverse e parlano della gente.

- Ma tu perché scrivi poesie?
- Bo, mi diverto!
- Allora sono poesie allegre?
- mmmmm. Leggi, leggi. Te lo regalo. Non sono proprio allegre.
- Allora cosa ti diverte?
- Sono attimi. Attimi rubati alla realtà. Sono quelle cose rare e belle che vedi e pensi sia un peccato lasciarle andare. Allora le scrivo. Sono emozioni forti e leggere. Sono la vita!
- Parlano di te?
- Parlano di ciò che vedo e che sento. Storie vissute che ho sfiorato. Qualcosa che mi ha attirato e che non ho voluto lasciar volare via. Ma perché mi fai tutte queste domande?
- perché sono curiosa e forse non voglio lasciar volare via la tua storia.

Vi lascio alcuni stralci.

Sally e le Stelle

Sally alza il viso al cielo
Osserva la luna
La saluta con un sorriso.
Bagna i piedi nella laguna.
Ha la mente piena di ricordi
Di lacrime e carezze.
Vuole dimenticare quei balordi
Elogia le sue bellezze.
Lo fa con la gente
Con pudore
Con aria indifferente.
[...]


Poesia per me

Non ho mai capito la mia vita
La mangio e bevo come una formica
La consumo quasi da distratto
Disegnando sui muri il mio ritratto
Ne vorrei sempre una migliore
Invece ogni giorno che passa è il peggiore
Scrivo poesie anche di notte
[...]

Trombetta (un sorriso alla morte)

Trombetta
lo chiamano così i suoi amici

Quando parla fischia
parole a suon di tromba

Ha un dolore dentro
Con gli anni sempre più forte

[...]

Anna

Anna si guarda allo specchio
Vede la faccia del passato
I sorrisi davanti a quel cancello
Le lacrime scritte sopra i fogli
Sempre pieni di speranza e di colori.
[...]

Sono stralci e sono pochi ma vi chiedo: non sembra anche a voi di conoscere quelle persone? Non avete la sensazione mentre leggete di vedere e non di ascoltare?
Lui è uno nuovo e ve lo volevo dire!
Buon ferragosto
silvia